07 Ago Trincee sul Vettore per studiare terremoto e pericolosità sismica
Studi speciali quelli in corso sul monte Vettore e sui Monti Sibillini tra Umbria e Marche dopo le scosse di terremoto del 2016. Sono quelli avviati da vari enti, che ora rendono noti i primi risultati. Come l’Ingv, ma anche il Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche.
In particolare l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr insieme al Dipartimento nazionale della Protezione civile hanno avviato dei monitoraggi e studi che confermano – spiega lo stesso Cnr – tracce di terremoti precedenti, come già era stato riscontrato in seguito a ricerche post terremoto del 1997.
Secondo quanto evidenzia il Cnr, partire dallo scorso mese di maggio, l’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag – Cnr) e il Dipartimento di protezione civile nazionale hanno condotto nuovi studi paleosismologici tramite lo scavo di tre trincee esplorative attraverso alcuni segmenti di faglia mobilizzati la mattina del 30 ottobre 2016 (terremoto di Mw 6.6 – secondo il Cnr). In queste trincee, rimaste aperte e studiate per oltre un mese, i ricercatori hanno riconosciuto le evidenze di diversi terremoti precedenti al 2016, la cui datazione è in corso di perfezionamento nei laboratori dell’Eth di Zurigo.
Le ricerche di Cnr e Protezione civile
Confrontando ed integrando questi nuovi dati con quelli derivanti da studi paleosismologici effettuati venti anni fa sarà possibile circoscrivere ancora più in dettaglio la storia sismica della faglia, aggiungendo un ulteriore tassello alla conoscenza del comportamento sismogenico delle faglie attive della penisola italiana e quindi contribuendo ad una miglior stima della pericolosità sismica del nostro Paese. In particolare, già nel 1998 l’allora Istituto di tettonica recente ed il Servizio sismico nazionale (oggi rispettivamente confluiti nel Igag-Cnr e nel Dipartimento della protezione civile) effettuarono studi paleosismologici sulla faglia del Monte Vettore, definendo – per la prima volta – l’attività olocenica della faglia, la magnitudo associata (Mw 6.6) e i tempi medi di ritorno per il massimo terremoto atteso (circa 2000 anni).
Il Cnr ha pubblicato quindi le foto di due delle tre trincee paleosismologiche aperte attraverso la faglia del Monte Vettore, responsabile del terremoto dell’Italia centrale del 2016. Lo studio dei sedimenti deformati all’interno degli scavi ha consentito di individuare le evidenze di forti terremoti nel passato, analoghi a quello del 2016. L’attività rientra nell’ambito delle convenzioni tra Igag-Cnr e Dpc e per la sua effettuazione un ringraziamento viene fatto al Parco nazionale dei Monti Sibillini ed al Coordinamento territoriale Carabinieri per l’ambiente del Pnms per la collaborazione e le autorizzazioni concesse.
Trincee anche a Castelluccio, workshop europeo
Non è però l’unico studio in corso sul Vettore e sui Sibillini per ricostruire la storia dei terremoti nella zona, con l’area che è di grande attenzione per i geologi a livello internazionale. E proprio nelle ultime settimane, i piedi del monte Vettore ed il Pian Grande di Castelluccio sono stati al centro di un workshop internazionale promosso da Ingv e Università di Camerino. A inizio luglio, infatti, l’Ingv (istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), in collaborazione con i colleghi francesi dell’Institut de Radioprotection et de Sûreté Nucléaire, ha aperto 3 trincee per studi paleosismologici sempre lungo la faglia del terremoto del 30 ottobre 2016, “con l’obiettivo di individuare e datare i terremoti antenati di quest’ultimo che hanno a loro volta prodotto rotture dall’ipocentro fino alla superficie. Infatti, il terremoto del 30 ottobre ha rotto la crosta terrestre dall’ipocentro alla superficie producendo sui versanti occidentali dei Monti Vettore – Bove e nelle piane sottostanti degli scalini che interrompono le morfologie e si estendono per circa 25 km (Rapporto di sintesi sul terremoto del 30 ottobre M 6.5 in Italia Centrale).
Questi effetti geologici prodotti dal terremoto in superficie sono avvenuti anche con i terremoti del passato e se conservati nel record geologico possono essere letti e interpretati dai paleosismologi. Ma perché questi studi? Il passato è una chiave per conoscere il futuro. Quindi per poter modellare il comportamento sismico nel futuro di una regione utilizziamo tutta la storia sismica precedente che si basa principalmente su dati di sismologia storica, recente, ma anche di “archeosismologia” e “paleosismologia” che ci permettono di estendere le informazioni sui grandi terremoti indietro nel tempo di alcune migliaia di anni.
Una quindicina di anni fa delle trincee erano state scavate nella piana di Castelluccio (Galadini e Galli, 2003) e vi erano state riconosciute le tracce di un evento più antico di 800 anni – di magnitudo probabilmente simile a quello del 30 ottobre – e di un paio di terremoti precedenti. Le nuove trincee aperte ai piedi del Monte Vettore mostrano chiaramente l’andamento della faglia in profondità e le evidenze di dislocazioni prodotte da terremoti precedenti. Sono in corso rilievi accurati e datazioni che permetteranno di caratterizzare tali eventi”.
Le trincee (ma anche Norcia, Amatrice e Camerino) la scorsa settimana sono state visitate da un centinaio di geologi e sismologi italiani e stranieri che hanno partecipato al Workshop internazionale itinerante “From 1997 to 2016: Three destructive earthquakes along the central apennine fault system”, organizzato da Ingv e Università di Camerino, con altre Università e enti nazionali e internazionali. L’incontro è servito a ripercorrere sul terreno le faglie responsabili dei terremoti del 1997, 2009 e 2016, per rianalizzare gli effetti prodotti in superficie (scarpate di faglia, subsidenza, frane, liquefazioni ecc.), discuterne affinità e differenze, congruenze e incongruenze con gli altri dati a disposizione e definire il ruolo delle conoscenze geologiche nella stima della pericolosità sismica.
FONTI:
www.cnr.it
www.tuttoggi.info.it
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