Studio Ingegneria Maggi studio di progettazione integrata ed ottimizzata | Ridurre il rischio sismico con gli incentivi: uno studio Cresme-ISI spiega cosa e come fare
17287
single,single-post,postid-17287,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-9.1.3,wpb-js-composer js-comp-ver-4.11.2.1,vc_responsive

Ridurre il rischio sismico con gli incentivi: uno studio Cresme-ISI spiega cosa e come fare

distribuzione-edifici-rischio-sismico

05 Feb Ridurre il rischio sismico con gli incentivi: uno studio Cresme-ISI spiega cosa e come fare

“Incentivi e riduzione del rischio Sismico in Italia: cosa fare, come fare”: studio Cresme (Centro Ricerche Economiche Sociali e di Mercato nell’Edilizia) ISI (Ingegneria Sismica Italiana)
Il rischio sismico in Italia

Come è noto l’Italia è un territorio caratterizzato da un forte rischio sismico: 48 milioni di italiani vivono in 11 milioni di edifici e 17 milioni di abitazioni nelle aree di vulnerabilità sismica 1,2,3. Nelle prime due zone sono possibili “fortissimi terremoti”, nelle zone 3 “Forti terremoti”, ma anche nelle altre zone possono verificarsi seppur raramente, forti terremoti.
I recenti provvedimenti di tipo fiscale volti a incentivare e agevolare gli interventi di diagnosi sismica e di messa in sicurezza degli edifici arrivano a coprire fino all’85% della spesa per una platea situata nelle zone a rischio 1, 2 e anche 3 e potrebbero finalmente dare inizio a un nuovo ciclo di investimenti finalizzati alla messa in sicurezza del patrimonio edilizio.

Sulla base dei livelli di vulnerabilità degli edifici che insistono nelle tre zone (epoca di costruzione, stato manutentivo, materiali impiegati, altezza e contiguità) e dei costi medi di intervento (in relazione al livello di vulnerabilità) gli investimenti potenzialmente attivabili per la riduzione del rischio sismico degli edifici che insistono nelle zone 1, 2 e 3, oscilla fra 900 e 1.000 miliardi di euro.

Esistono però dei freni allo sviluppo dell’azione, uno di questi è il deficit di conoscenza circa “cosa” e “come” fare per migliorare la sicurezza sismica degli edifici. In questo contesto, CRESME e ISI hanno deciso di mettere a disposizione le proprie competenze, attraverso uno studio accurato e aggiornato che permette di conoscere: il numero di persone e immobili in zone a rischio sismico nelle provincie italiane; le modalità per misurare la classe di rischio degli immobili; le modalità per beneficiare degli incentivi fiscali; le tecnologie oggi disponibili per ridurre il rischio in caso di terremoti; un abaco di prodotti disponibili.
Il Rapporto CRESME-ISI

Il Rapporto “ Incentivi e riduzione del rischio Sismico in Italia: cosa fare, come fare” è realizzato da CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali e di Mercato nell’Edilizia) e ISI (Ingegneria Sismica Italiana), che ha portato il suo alto contributo ingegneristico, con la collaborazione, in materia finanziaria, di Harley&Dickinson, e verrà presentato in un primo ciclo di divulgazione, il 6 febbraio a Modena, presso Confindustria, il 21 febbraio a Roma presso l’Acquario Romano e successivamente a Macerata.

Lo studio è stato realizzato con il contribuito di importanti aziende attive nel campo dei prodotti e tecnologie antisismiche e dei prodotti dell’edilizia: (in ordine alfabetico) Atag, Chimetec, Ecosism, Fornace di Fosdondo, Gruppo Stabila, Hilti, Kerakoll, Knauf, Mapei, Saint Gobain, Schneider Electric,  TecnoKgiunti, Tecnostrutture, Tensacciai.

Lo studio e i convegni di presentazione hanno l’obiettivo di fornire a progettisti, amministratori locali, proprietari, gestori immobiliari, amministratori condominiali e imprese delle costruzioni un quadro dettagliato sulla dimensione complessiva delle attività potenzialmente realizzabili e sul quanto e come fare per adeguare gli immobili al rischio sismico. In altri termini, lo Studio risponde alle domande più frequenti e naturali come: quanti sono gli immobili suscettibili di miglioramento delle proprie prestazioni in chiave antisismica? Cosa fare per capire la vulnerabilità dell’edificio? Quali tecnologie e prodotti sono più adeguati ai singoli casi? Dove e quanto è possibile risparmiare e in che modo attraverso gli incentivi fiscali?
La dimensione dell’insicurezza

Secondo la classificazione sismica dei comuni italiani della Protezione Civile il 44% del territorio nazionale (133mila kmq) è in area ad elevato rischio (zona sismica 1 e zona sismica 2). Se si allarga questo bacino di rischio alla potenziale platea di beneficiari del “Sisma bonus” (è inclusa la zona 3) le dimensioni aumentano considerevolmente fino ad arrivare a quasi l’80% del Paese:

• 48 milioni di abitanti; oltre 20 milioni di famiglie;

• 11 milioni di edifici totali, di cui 1,7 milioni a destinazione produttiva o istituzionale;

• negli immobili a destinazione produttiva vi lavorano 13 milioni di addetti;

• 9,3 milioni di edifici ad uso residenziale, di questi: il 57% è costruito prima degli anni ’80; il 56% è in muratura portante e il 36% ha più di 2 piani.
Le agevolazioni fiscali

La novità sostanziale è rappresentata dal Sisma bonus previsto nella Legge di Stabilità 2017 (Legge 232/2016) e confermato in Legge di Bilancio 2018: oltre ad estendere l’arco temporale nel quale è possibile eseguire gli interventi per i quali godere delle detrazioni fiscali, consentendo quindi una pianificazione ‘a lungo termine’, viene affiancato ad un sistema che quantifica il rischio sismico degli edifici e quindi i vantaggi ottenuti nell’esecuzione degli interventi. Questa quantificazione costituisce la garanzia dell’efficienza degli investimenti, sia dal punto di vista della sicurezza sismica che dei benefici economici attesi e rappresenta la condizione affinché l’impianto delle misure fiscali risulti efficace, cioè abbia una vasta applicazione, costituisca un incentivo agli investimenti e quindi all’economia del Paese, operi una riduzione generale del rischio sismico del patrimonio immobiliare italiano e quindi riduca i ‘costi’ del terremoto.

Il Rapporto di studio, si sofferma in particolare sulle misure fiscali (beneficiari, cessione del credito, spese agevolate, controlli dell’Agenzia Entrate); sull’iter da seguire per avere accesso alle misure; sulle modalità operative per la determinazione della classe di rischio (metodo convenzionale, semplificato ed edifici in c.a. e capannoni industriali).

Sulla base dei livelli di vulnerabilità degli edifici che insistono nelle tre zone (epoca di costruzione, stato manutentivo, materiali impiegati, altezza e contiguità) e dei costi medi di intervento (in relazione al livello di vulnerabilità) è stata stimata una sommatoria di risorse potenzialmente attivabili per la messa in sicurezza degli edifici che insistono nelle zone 1, 2 e 3, che oscilla fra 937 e 1.041 miliardi di euro.
Le tecnologie disponibili

Insieme alla pericolosità sismica del territorio nazionale, la rilevanza del rischio sismico in Italia è legata all’elevata vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio esistente.

La maggior parte degli edifici esistenti è stata realizzata in assenza di regole di progettazione antisismica o secondo norme di vecchia generazione, e pertanto non è in grado di garantire gli standard di sicurezza richiesti dalle attuali Norme Tecniche per le Costruzioni (NTC 2008). A condizionare ulteriormente il comportamento del patrimonio edilizio esistente è la vetustà che lo caratterizza. Risultano quindi necessari controlli ed interventi.

La riduzione della vulnerabilità sismica di un edificio può essere perseguita attraverso specifici interventi, andando a intervenire sulle criticità (elementi di vulnerabilità) della costruzione, e avendo fissato quelli che sono obiettivi da raggiungere, in termini di prestazione sismica, attraverso le opere di progetto.

Lo studio “” Incentivi e riduzione del rischio Sismico in Italia: cosa fare, come fare” ” riporta una panoramica delle principali strategie di intervento sugli edifici esistenti: gli interventi più diffusi e gli interventi innovativi e che si sono dimostrati particolarmente efficaci per l’adeguamento e/o miglioramento di edifici in cemento armato (c.a.) e in muratura.

In particolare lo studio si sofferma sulle vulnerabilità tipiche degli edifici esistenti e sui relativi approcci progettuali; ampio spazio è dedicato all’aumento della capacità della struttura di resistere (o assecondare) alle forze sismiche senza subire danneggiamenti eccessivi, distinguendo fra le diverse tipologie costruttive frequenti nel Paese. Fino a descrivere le tecnologie di interventi che riducono la domanda di prestazione dovuta alla sollecitazione sismica.

A conclusione del Rapporto viene presentato un abaco articolato di prodotti, tecnologie e metodologie disponibili sul mercato per ridurre il rischio sismico.

FONTE: www.ingenio.it

545 Comments

Sorry, the comment form is closed at this time.